LA
DROGA NON SI VINCE CON LA DROGA
Tossicodipendenza: interventi di Giovanni Paolo II e Padre Lino
Ciccone
A cura di Giovanni Pellegri
Non mi stancherò mai di ripetere che la droga non è il problema,
ma è soprattutto la manifestazione di un disagio, il sintomo di una malattia
sociale oltreché personale; esprime il dolore e la fatica dell'esistere,
che non è esclusiva del tossicomane, ma è di tutti gli esseri
umani." Don Mario Picchi, fondatore del Centro Italiano di Solidarietà,
e impegnato da anni al fianco di persone che vivono sulla propria pelle il problema
droga, vede nel disagio nato dallo smarrimento del senso e del valore della
vita la centralità del problema droga. Un disagio non solo personale
perché "quando a fare una data scelta è una parte consistente
della società afferma padre Lino Ciccone, professore emerito della Facoltà
di Teologia di Lugano, è chiaro che la società stessa ha una sua
parte di responsabilità, cioè: nella cultura e nel costume dominante
sono presenti elementi che sospingono verso quella scelta".
Il dibattito sul tema droga è riemerso con tutte le sue problematiche
nel nostro Paese. Complice di questa situazione sono da una parte le iniziative
sulle quali saremo presto chiamati a pronunciarci e dall'altra il contestato
esperimento di somministrare l'eroina di Stato ai tossicodipendenti. Caritas
Ticino in questi mesi di dibattiti e prese di posizioni non afferma niente di
nuovo ma ribadisce ciò che da anni sostiene sul problema droga. Partendo
da alcune interviste pubblicate su questa rivista negli anni passati, e da documenti
ufficiali della Chiesa, desideriamo contribuire al dibattito, affinché
le iniziative popolari non si risolvano unicamente con una presa di posizione
puramente politica, ma siano un'occasione di riflessione sulle cause della tossicodipendenza
e sulle sue possibili terapie.
"NON SI PUO' PARLARE DI DIRITTO ALLA DROGA"
La Chiesa cattolica ha sempre espresso con estrema chiarezza e motivazione
le ragioni che inducono a dire no alla legalizzazione di qualsiasi tipo di droga.
Il Pontificio Consiglio per la famiglia ha recentemente presentato, dopo aver
consultato esperti di diversi paesi e responsabili di comunità terapeutiche,
una riflessione pastorale sulla tossicodipendenza. In questo documento (riassunto
nell'articolo a pagina 31) è stato riportato l'insegnamento dei Sommi
Pontefici, in particolare dì Giovanni Paolo II, che in alcuni discorsi
ha espresso il chiaro giudizio negativo su tutte le forme di tossicodipendenza
(i discorsi o messaggi sono: Discorso ai partecipanti all'VIII Congresso Mondiale
delle Comunità Terapeutiche,7 sett. 1984; Discorso ai partecipanti alla
Conferenza Internazionale su droga ed alcool 23 nov. 1991; Messaggio inviato
al responsabile del Programma Internazionale dell'O.N.U. per il controllo delle
droghe; 26 giugno 1996).
Il Papa ci ricorda che il problema non è nella droga, ma "nella
patologia dello spirito che porta la persona a fuggire da se stessa e a cercare
soddisfazioni illusorie nella fuga dalla realtà, al punto di annullare
completamente il significato della propria esistenza".
Sotto il profilo morale ha affermato Giovanni Paolo II "il drogarsi è
sempre illecito, perché comporta una rinuncia ingiustificata ed irrazionale
a pensare, volere e agire come persone libere". Il Papa pensando alla vittime
della droga fa un paragone con "l'uomo della parabola evangelica che, assalito
dai malviventi, fu derubato e lasciato mezzo morto lungo la strada di Gerico
(cfr. Lc 10, 29-37). Mi sembrano anch'esse prosegue il Pontefice, infatti, come
persone in viaggio, che vanno alla ricerca di qualcosa in cui credere per vivere;
incappano, invece nei mercanti di morte, che le assalgono con la lusinga di
illusorie libertà e di false prospettive di felicità. Sono queste
vittime, uomini e donne che si ritrovano, purtroppo, derubate dei valori più
preziosi, profondamente ferite nel corpo e nello spirito, violate nell'intimo
della loro coscienza ed offese nella loro dignità di persone". Riaffermando
che la droga è contro la vita e che "non si può parlare della
libertà di drogarsi né del diritto alla droga, perché l'essere
umano non ha il diritto di danneggiare se stesso e non può né
deve mai abdicare alla dignità personale che gli viene da Dio";
Giovanni Paolo II definisce le opere di recupero e di prevenzione "non
solo benemerite, ma necessarie." "La strada sui cui giacciono i tanti
feriti e i percossi dai traumi dolorosi della vita, si è spaventosamente
allargata, e tanto di più c'è bisogno di Buoni Samaritani"
cioè di uomini che non `passano oltre con indifferenza" ma che si
fermano accanto alla sofferenza". Come ci ricordava nella lettera apostolica
Salvifici doloris, sul senso cristiano della sofferenza il "Buon Samaritano
è ogni uomo sensibile alla sofferenza altrui"; "che testimonia
la compassione verso un sofferente". Il Santo Padre ci ricorda infine che
"La possibilità di recupero e di redenzione dalla pesante schiavitù
è stata concretamente provata ... ed è significativo che questo
sia avvenuto con metodi che escludono rigorosamente qualsiasi concessione di
droghe, legali o illegali" aggiungendo che "la droga non si vince
con la droga".
"SI DÀ PER IRRECUPERABILE CHI È CADUTO SOTTO LA SCHIAVITÙ
DELLA DROGA"
Commentando il paragone del Buon Samaritano fatto dal Papa, Padre Lino Ciccone
scriveva l'anno scorso su questa rivista che "è la stessa parabola
ad indicare il da farsi ed a suggerire la valutazione dei vari modi di comportarsi
in situazioni del genere. Vedere e passare oltre dall'altra parte della strada
è la scelta che fanno in tanti, anche tra i buoni cristiani. C'è
anzi chi assume atteggiamenti più tristi ancora, pronunciando severe
condanne contro i drogati, e quindi infierendo a sua volta contro di loro. Ma
c'è un altro modo continua Ciccone più elegante e apparentemente
rispettabile, di abbandonare i tossicodipendenti alla loro sorte, dandosi l'aria
di prendersi cura di loro. Il colmo è che a farla è, a volte,
proprio quella pubblica autorità che per suo compito specifico ha la
cura del bene comune. Alludo ai casi in cui lo Stato decide di far fronte alle
sue responsabilità assicurando la distribuzione gratuita e controllata
di droghe ai tossicodipendenti. Si dà così per irrecuperabile
chi è caduto sotto la schiavitù della droga e lo si abbandona
a sé stesso. La società mostra così di avere un'unica preoccupazione
quella di difendere sé stessa: le basta che i tossicodipendenti non infastidiscano
gli altri per procurarsi la dose di droga". Padre Ciccone riafferma che
nella parabola evangelica troviamo invece chiare indicazioni per una vera solidarietà
umana e una carità cristiana, infatti conclude il teologo moralista "Gesù
scandisce in alcuni verbi: fermarsi, commuoversi, versare olio e vino sulle
ferite e fasciarle, inoltre affidare il povero uomo a chi può assicurare
tutte le cure necessarie, assumendosene le spese. In una parola farsi prossimo
del malcapitato. C'è qui un intero programma da inventare su quella specie
di falsariga. Ad ognuno la esaltante responsabilità di elaborarlo e di
eseguirlo con generosità e costanza".